Bari e le sue antiche industrie: viaggio nel vecchio cuore della "Milano del Sud"
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martedì 21 marzo 2017
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di Cassandra Capriati - foto Antonio Caradonna
Il punto di partenza del nostro viaggio nell’”archeologia industriale” della città è l’angolo tra via Brigata Regina e corso Vittorio Veneto. Superate sulla sinistra le vecchie basse e colorate palazzine della “Guaragnèdde” e la caserma della Guardia di Finanza, il lungomare diventa qui praticamente un’autostrada a quattro corsie che sfocia nella ben più trafficata zona della Fiera del Levante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tutt’intorno non c’è praticamente nulla: sulla destra si trova la desertica parte del porto definita ansa di Marisabella, sulla sinistra invece si apre un grande prato incolto su cui si stagliano all’orizzonte moderni edifici e ciminiere in disuso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un panorama questo che ci accompagna per diverse centinaia di metri, fino a quando non decidiamo di svoltare a sinistra su via Ammiraglio Caracciolo, strada che è introdotta da un edificio bianco e beige a due piani in stile liberty che rappresenta l’ingresso di un’azienda che produce allestimenti per fiere e convegni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo qualche metro giriamo sulla destra e imbocchiamo via San Francesco della Rena, strada dominata da bassi magazzini dai muri ingrigiti e scrostati, sui quali è facile leggere cartelli con la scritta “vendesi”. La sensazione di trovarsi in un posto dove tutto sia stato divorato dallo scorrere del tempo si fa sempre più marcata. «Sono anni che ormai è tutto abbandonato, penso che la situazione sia irrecuperabile», ci dice il proprietario di un deposito per le cassette di legno utilizzate nel vicino mercato ortofrutticolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La decadenza è resa evidente dalla presenza del gigantesco ex oleificio Gaslini, i cui fatiscenti muri perimetrali si affacciano proprio su questa viuzza. Per “ammirare” l’industria nel suo insieme raggiungiamo la fine della strada, lì dove si apre alla nostra vista l’Arena della Vittoria. Si tratta dell’ex stadio del Bari calcio, inaugurato nel 1934 e ristrutturato nel 1997, dopo essere stato praticamente distrutto dai 20mila profughi albanesi giunti a bordo della nave Vlora che qui furono ospitati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ponendoci di spalle all’arena possiamo quindi avere davanti ai nostri occhi la Gaslini, in tutta la sua grandezza, con le sue due imponenti ciminiere sottoposte a vincolo architettonico, il cancello sbarrato, i muri anneriti e il grande tetto grigio. Con nostra sorpresa a un certo punto un giovane di colore spunta da dietro il recinto dell’edificio e scavalca senza sforzo l’alto muro. Probabilmente in questa vecchia fabbrica qualcuno ha trovato alloggio, nonostante l’area sia sotto osservazione per la presenza di amianto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questo è uno tra gli impianti più antichi di Bari. Già attivo dalla seconda metà dell'800 come oleificio ligure pugliese, nel 1920 fu acquistato dalla ditta Gaslini che continuò l’attività di spremitura di olii vegetali fino alla prima metà degli anni 50. Da allora la fabbrica è stata abbandonata: sono state avanzate numerose proposte per la sua bonifica ma nulla per ora è stato fatto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la Gaslini non è l’unica struttura mastodontica presente. Incamminandoci su largo Taher Pacha è possibile scorgere le ciminiere delle acciaierie Scianatico, altra antica fabbrica abbandonata. Nel novembre del 2015 riuscimmo a intrufolarci all’interno dei capannoni scoprendo un’affascinante scenario “apocalittico” fatto di macchinari in disuso sui quali la natura ha preso da anni il sopravvento. L’acciaieria, inutilizzata da 23 anni, ci appare con la sua altissima ciminiera che si staglia su muri e lamiere arrugginite. Anche nel suo caso si attende da tempo una riqualificazione per ora rimasta solo sulla carta.
Scorgiamo qualche metro più avanti uno spiazzo di campagna incolta da dove, oltre a riuscire a fotografare le ciminiere circostanti, notiamo il rudere di quella che in origine poteva essere una masseria. Nonostante dia l’impressione di cadere letteralmente a pezzi, piccoli segni come alcuni panni stesi ci fanno capire come in realtà questo casolare sia diventato il rifugio di qualcuno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che ritornare sui nostri passi per riprendere via Caracciolo dal punto in cui l’avevamo abbandonata. Procediamo verso via Napoli e costeggiamo sulla destra il muro perimetrale della Scianatico, il cui ingresso fa capolino proprio su questa via e sulla sinistra il vecchio mercato ortofrutticolo all’ingrosso che si anima la notte quando avviene la compravendita della merce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il mercato presenta quattro ingressi monumentali in pietra, l’ultimo dei quali (che si affaccia su via Napoli) permetteva l'accesso al vivaio comunale ormai in disuso. Da qui possiamo avere una visione d’insieme di via Caracciolo, prima di cercare un accesso che ci possa portare su via Oreste Pietro, lì dove sorge un altro storico fabbricato che a differenza dei precedenti è riuscito però a guadagnarsi una seconda vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta dell’ex macello comunale, la cui scritta “macello comunale 1930” campeggia ancora sulla facciata in stile liberty completamente rifatta nel 2006, da quando cioè il complesso è stato destinato a “cittadella della cultura”. Ora ospita l’archivio di Stato e la biblioteca nazionale Sagarriga Visconti. I tre edifici biancastri che lo compongono occupano una superficie di circa 11.500 metri quadri e originariamente comprendevano il frigorifero comunale, il macello e il mercato ittico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Via Oreste Pietro sfocia da un parte su via Brigata Regina, lì dove è iniziato il nostro viaggio, mentre dall’altra si affaccia sul retro del mercato comunale, da cui è diviso da un muro in pietra ricoperto di graffiti e da una cancellata in ferro. In questo punto ci attende l’ultima sopresa del tour.
Alcuni piccoli blocchi di cemento nascondono infatti ciò che resta di antichi binari ora completamente avvolti dall’erba alta. Perché qui una volta passavano i vagoni merci che trasportavano i prodotti dalle fabbriche al porto e viceversa. Tempi in cui questa zona, ora abbandonata e in attesa (si spera) di una riqualificazione, rappresentava il cuore pulsante di una Bari viva e produttiva, di una città che qualcuno osò definire la “Milano del Sud”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Cassandra Capriati
Cassandra Capriati
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna
I commenti
- GIUSEPPE - Questo articolo come altri presenti su barinedita fa conoscere un po' la storia e le curiosità di quello che era Bari nel passato. Articoli sempre piacevoli da leggere. Complimenti e continuate così
- lello - Ottimo articolo!!Ma la décadenza del Mitico stadio delle vittorie Purtroppo non é solo stato colpa degli Albanesi !!! Non esageriamo !!