Bari, cala Pantano: tra alghe e gozzi il porticello che "vive" un solo giorno all'anno
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martedì 24 aprile 2018
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di Silvia Giorgi
Del resto questo sito è dominato costantemente dalle alghe oltre ad essere per buona parte non asfaltato: basta quindi un po’ di pioggia per trasformarlo appunto in un “pantano”. Eppure si tratta di uno dei pochi accessi al mare ancora presenti in città: una caletta caratterizzata per la presenza di numerose barchette colorate e da case ancora abitate dai pescatori. Un posto suggestivo e unico: siamo andati a visitarlo. (Vedi foto galleria)
Il suo unico punto di approdo è rappresentato da via comunale San Giorgio, stretta arteria che conduce a un incrocio: a destra si va su strada della Marina, il lungomare di San Giorgio, a sinistra su una via senza uscita che conduce alla baia. Chi non la conosce non la troverebbe mai, oltretutto da questo punto non si vede nemmeno il mare. Per scovare il “pantano” bisogna costeggiare il “palazzo degli spiriti”, una villa degli anni 30 da poco ristrutturata e percorrere all’incirca duecento metri. Solo allora la caletta apparirà alla nostra vista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A salutarci è l’immancabile e pungente odore delle alghe, il cui colore verde scuro si mischia al tono dorato della sabbia. In mare, con lo sfondo della struttura di uno storico camping, sono ormeggiati numerosi “gozzi” e un signore sta tirando su dall’acqua con il carrello un gommone grigio. Sull’arenile non c’è nessuno, solo un cane nero che sta lasciando ovunque le sue orme. Cala Pantano ci appare così, deserta e selvatica: una conca immersa nella solitudine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A delimitare la spiaggia sulla sinistra c'è un edificio su cui leggiamo la scritta “Cat Surf” , recente scuola di surf ubicata in quello che un tempo era una rimessa per le imbarcazioni. Mentre di fronte al mare si ergono delle piccole case un po’ “abbattute” che si affiancano a villette colorate e a una bassa costruzione abbandonata con su scritto “cooperativa piccola pesca San Giorgio”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dalle abitazioni parte poi via del Pantano, una strada solo per metà asfaltata che conduce agli archi di due cavalcavia, lì dove è ancora più evidente la melma che si crea con la pioggia. Nel frattempo tra barchette in fase di “restyling” e bidoni dell’immondizia malmessi e bruciati, incontriamo Giovanni, un pescatore intento a portare a mano un carretto carico di spazzatura. (Vedi video)
«Ci occupiamo noi della pulizia della baia – ci racconta – e questo anche prima e dopo la festa del 7 maggio. Un tempo il Comune almeno quel giorno si preoccupava del “pantano”: faceva in modo di togliere i rifiuti e preparare le cose in grande. Ora le istituzioni se ne sono lavate le mani e facciamo tutto noi per garantire alla nostra cala perlomeno una serata di gloria. Ho sempre vissuto qui – prosegue l’uomo – prima era sempre pieno di gente e d’estate ci si organizzava con le granite e i gelati da vendere ai bagnanti. Quell’epoca è finita e vivere in questo posto oggi significa rimanere isolati dal resto del mondo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I pescatori continuano però a essere orgogliosi della loro baia, lì dove nel 1087 sbarcarono le reliquie del patrono cittadino. «San Nicola è nostro non di Bari – afferma l’anziano Giuseppe -. La sera in cui i 62 marinai arrivarono da Myra si alzò una forte tempesta che scaraventò sulla riva di questa cala la cassa con le spoglie del santo. E in quel momento il mare si calmò all’istante».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il patrono non ha però portato fortuna al pantano, che non sembra essere molto cambiato da quel giorno di 900 anni fa: un luogo immobile, che tra qualche giorno ritornerà a vivere qualche ora, per poi rimanere solo un altro anno intero.
(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)
Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita a Cala Pantano:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Silvia Giorgi
Silvia Giorgi
I commenti
- Enzo - Triste verità puntualmente descrita nell'articolo... un posto lasciato al suo destino sempre più dimenticato dalle varie amministrazioni comunali che oltre a non provvedere minimamente al decoro, sembrano trascurare anche l'aspetto funzionale della cala, che dovrebbe fungere da tratto terminale di un "canalone" di raccolta acque dall'entroterra. Sfortunatemente le alghe non sono come i nostri amministrativi, che "affiorano" da queste parti una volta l'anno, ma talvolta lasciano il medesimo tanfo
- Rosalia - È veramente un peccato abbandonare i pescatori in quel modo..Non possono più raggiungere le loro imbarcazioni..io ho una casa nelle vicinanze e ricordo con nostalgia il mare e il via vai della gente di una decina di anni fa..alla festa del 7 partecipavano sempre in tanti..che tristezza
- antani - Avete dimenticato un piccolo particolare: lo sterrato antistatnte è sempre stato pieno di prostitute e se avete la disgrazia di farlo di giorno in mountain bike potete ammirare degli anelli giallini ormai mimetizzati con la pietra....sono le basi dei preservativi usati ormai decomposti da anni e che nessuno ha mai rimosso. Quel posto fa schifo, potrebbe essere una risorsa ma siamo a Bari, città di santi e di arraffoni ignoranti e ladri (non per niente le spoglie le abbiamo "traslate"). Quindi inutile farsi speranze,a meno che qualcuno non ottenga tutto a costo zero e ci faccia il solito posto per mangiare e ruttare. Ci sono le premesse, a quanto ne so. Sarebbe sempre meglio dello schifo attuale.