La "nascosta" Monopoli Nord, lì dove natura e industria hanno trovato un compromesso
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mercoledì 25 luglio 2018
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di Ilaria Palumbo - foto Antonio Caradonna
Eppure la zona che si estende da Torre Incina fino al porto cittadino merita una visita, perché nei suoi quattro chilometri regala piccoli tesori quali grotte isolate e spiagge poco frequentate. Un’area che siamo andati a visitare (vedi foto galleria).
Da Torre Incina a Cala Corvino - Il nostro punto di partenza è Torre Incina, una delle sei postazioni di avvistamento cinquecentesche sopravvissute in terra di Bari. La struttura e la sua cala segnano il confine tra l’ultimo selvaggio tratto di costa di Polignano e l’inizio del litorale monopolitano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Litorale che si rivela subito molto poco “accogliente”, dominato com’è da scogli aguzzi e appuntiti che non ci permettono nemmeno di camminare. Decidiamo così di tornare indietro per imboccare la complanare della statale 16 alla ricerca di un più facile accesso al mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma ville private, grandi campi coltivati e un enorme resort impediscono di arrivare sull’Adriatico. Solo una volta superato lo svincolo per la statale, lì dove la complanare prende il nome di viale Aldo Moro, scoviamo finalmente una stradina ricavata tra alcune abitazioni, che ci permette di raggiungere nuovamente la costa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci troviamo così davanti alla nascosta “scogliera Corvino”: un panorama selvaggio, dominato dalla roccia frastagliata che si insinua nell’acqua alta che si colora di azzurro e verde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Decidiamo di avventurarci verso nord, fiancheggiando il villaggio turistico predetto. Ed ecco che attraverso alcuni arbusti notiamo una rientranza: ma dall’alto la visuale ci risulta limitata. Scendiamo così sul costone e, dopo esserci poggiati su un “gradino” posto a pochi centimetri dall’acqua, riusciamo così ad ammirare l’enorme bocca spalancata della “grotta della Draga”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta di una cavità le cui pareti calcaree sono caratterizzate da alcune piccole nicchie che sembrano scavate dall’uomo. Si ipotizza infatti che il sito sia stata utilizzato in epoca paleolitica come giacimento per lo sfruttamento delle risorse naturali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Torniamo su e continuiamo a camminare. Da qui in poi gli scogli tornano a essere più aguzzi, anche se a un certo punto si aprono al mare per lasciare spazio a una lunga e stretta insenatura circondata da lussureggiante macchia mediterranea. Dall’alto sembra una vera e propria piscina cristallina, a cui si riesce ad avvicinarsi tramite singolari scalini ricavati nella pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E a sorprenderci pochi metri più avanti c’è un altro tesoro: alcuni massicci archi di pietra che si immergono nell’acqua. Prendono l’incantevole nome di “grotte delle Sirene”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che tornare indietro per proseguire in direzione sud. Incontriamo subito il “grottone Corvino”, una cavità poco profonda ma dalle particolari sfumature violacee, lambita dalla forza delle onde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Costeggiamo poi alcune “fortunate” ville e ci imbattiamo in una piccola caletta riparata, dove incontriamo per la prima volta la sabbia. Ci basta poi proseguire di qualche metro per trovare una discesa in cemento delimitata da una staccionata in legno che ci porta nella più grande “Cala Corvino”, un ampio arenile incorniciato dagli scogli di solito occupato dagli ombrelloni del resort omonimo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da Cala Corvino alla “spiaggia del depuratore” – Subito dopo cala Corvino si apre via Marina del Mondo, una strada che corre parallela alla costa che decidiamo di percorrere. Per un chilometro siamo però impossibilitati ad affacciarci sul mare: rimessaggi delle barche e terreni coltivati ostruiscono l’accesso all’Adriatico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è persino un cantiere navale, appartenente alla famiglia Uva. Chiediamo di entrare per poter scoprire che tipo di litorale c’è in questa zona: il permesso ci viene accordato e ci ritroviamo così su una costa aspra dominata da pontili e grossi pescherecci in fase di costruzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spingiamo a destra e il panorama non cambia. Accanto a un bunker si erge il rudere di quella che sembra un’antica struttura: rappresenta appieno la desolazione dell’area, dominata da una roccia impervia sulla quale balzano spesso all’occhio numerosi rifiuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A un certo punto ci accorgiamo di essere situati di fronte a una rientranza dalla forma rettangolare: siamo nel luogo denominato “Conca d’oro”, dove gli scogli appaiono scavati dalla mano dell’uomo in grandi e massicci blocchi sui quali si infrangono le onde. Tuttavia a rompere la “magia” ci pensa un lungo viadotto di uno scarico fognario diretto nel mare blu.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Torniamo su via Marina del Mondo e dopo circa 500 metri, quano la strada inizia a essere fiancheggiata dalla pista ciclabile, vediamo aprirsi sulla sinistra un sentiero che ci porta verso l’impianto di depurazione cittadino. Grandi cisterne sono adagiate su un arenile di ciottoli, denominato ironicamente “spiaggia del depuratore”, visto che qui i cartelli vietano la balneazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dal Depuratore al Porto – Decidiamo di proseguire a piedi sulla costa, sullo sfondo della quale inizia a profilarsi la silhouette del borgo abitato. Ad attrarre subito la nostra attenzione è la “grotta Verde”, una cavità celata in fondo a una parete, ma ci basta percorrere qualche passo per ritrovare finalmente la sabbia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo a “Cala Monaci”, una spiaggia che si insinua fra due alti costoni rocciosi e alla quale è possibile accedere grazie a una passerella. Trecento metri più a sud si staglia invece la più larga “Cala Susca”, un arenile circondato da una scogliera che assume la forma di un ferro di cavallo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la sorpresa di essere in un luogo di finalmente “dolce” e fruibile, termina subito volgendo lo sguardo a destra, dove si delineano le ciminiere di un’ex cementeria e soprattutto alcune grandi cisterne arrugginite che ingrigiscono il paesaggio. Siamo in presenza degli abbandonati serbatoi di carburanti della ditta Gigom (poi diventata Sarom), che si affacciano su “Cala Pantano”, insenatura che ospita l’omonimo lido, il più antico della città, nato negli anni 30.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’immagine degli ombrelloni infilati nella sabbia con lo sfondo della fabbrica, ci regala forse l’immagine più emblematica di Monopoli Nord, dove a regnare è il “compromesso” tra natura e industria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Riprendiamo allora via Marina del Mondo, costeggiamo lo Stadio Comunale, per ributtarci nuovamente sul litorale. Qui, a ridosso dell’onnipresente e decadente impianto abbandonato e a due passi dal centro urbano, è celata “cala Verdegiglio”, una spiaggia sabbiosa incorniciata da grandi massi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che imboccare via Ungaretti, strada che costeggia le cosiddette “calette del Clio” (dal nome di un hotel che si trovava in passato in questo punto), per concludere il nostro viaggio davanti al porto cittadino, che occupa l’ultimo tratto di costa prima del centro storico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da lì in avanti la città regalerà bellezza e poesia e non ci sarà più spazio per le industrie e i depuratori riservati a Monopoli Nord, la “gemella” sfortunata.
(Vedi galleria fotografica)
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