Baresità? Quando il ''cozzalo'' diventa moda, tra polpo e Peroni alla canna
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giovedì 4 settembre 2014
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di Marco Montrone e Mina Barcone
Sembra quasi un virus quello che ha contagiato migliaia di baresi negli ultimi tempi. In molti la chiamano “baresità” : ciò che prima era patrimonio del “popolino”, ora viene ostentato in ogni momento, anche attraverso i social network. Proprio su Facebook spopolano gruppi e pagine che inneggiano al dialetto barese e ai nostri presunti modi di agire, illustrando come fare a diventare un "barese doc".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La baresità oggi è famosa e apprezzata anche grazie a una serie di personaggi come Antonio Cassano o Checco Zalone e grazie anche ai molti film che ne hanno riabilitato l'immagine. “Barese” non è più “sporco e scippi” come era idea comune dieci anni fa: oggi essere barese è diventato chic». Ad affermarlo è il regista Antonio Palumbo che con il video "Polpo Grosso - lo sport preferito dai baresi" (che illustra in un “tutorial” il modo giusto per arricciare un polpo) ha raggiunto migliaia di visualizzazioni su Youtube.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Palumbo vorrebbe realizzare altri cinque video fondati sui presunti «canoni della baresità»: "come si mangia il panzerotto da Di Cosimo" "come avviene lo scippo a Bari", "come si litiga a Bari" "la brasciola" "le cozze nere".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo chiesto a un po’di giovani baresi cos’è per loro la “baresità” e la prima risposta è stata quasi all’unisono: «Bere la Peroni alla canna». Perché proprio la Peroni? «Perché è di Bari». La Peroni in realtà non è mai stata di Bari, è di Vigevano, in provincia di Pavia e dal 2003 ha spostato la sua sede a Roma e fa parte di una multinazionale della birra, la SABmiller. A Bari c’è solo uno stabilimento, come c’è anche uno stabilimento della Coca Cola, bevanda che però chissà perché al contrario della birra non è diventata “patrimonio di Bari”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Altra risposta sul ciò che vuol dire essere barese: essere tifoso “della Bari” e andare allo stadio. Per chi per decenni è andato allo stadio (magari mezzo vuoto) tifando “il Bari” e lottando con orgoglio contro tutti i baresi-juventini, baresi-interisti e baresi-milanisti sparsi per la città, quando neonato amore per la squadra biancorossa ha di per sé dell’incredibile. E’ una moda, certamente, la speranza è che non sia passeggera: vedremo cosa accadrà quando la Juventus verrà a giocare a Bari o se la squadra dovesse cominciare a perdere qualche partita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Altri “atteggiamenti baresi”? «Il vero barese non paga mai alla Fiera del Levante, riesce sempre ad avere i biglietti gratis», «parcheggia sempre in doppia fila», «litiga ma alla fine non fa mai a “mazzate” », «a San Nicola non manca mai e mangia lupini e olive in calce». E poi il panzerotto. «Il panzerotto esiste solo a Bari -afferma Palumbo-. In tutte le altre città italiane chiamano “calzone” un surrogato di quello che è il panzerotto vero e proprio, quello che quando lo mangi devi necessariamente sbrodolarti addosso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma è veramente questa la “baresità”, e se è così, alla fine che cosa può portarci in dote? Una soddisfazione a tavola e una pancia piena, certo, soprattutto grazie alla birra. Ma poi? E’ possibile che una città millenaria si debba contraddistinguere solo per questo?
No, noi non crediamo che sia solo questa la baresità, crediamo invece che questi siano atteggiamenti e modi di fare che sì, è bene indicare come “cozzali”, che possono essere simpatici certo, ma di cui onestamente non è che si possa andare così orgogliosi. Come dice giustamente lo studioso di tradizioni baresi, Gigi De Santis: «Molti di quei luoghi comuni patrimonio della nostra identità culturale sono stati presi d'assalto dalle nuove generazioni e decontestualizzati. Si continua a confondere baresità con volgarità ed è un vero peccato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma allora cos’è la baresità? Da cosa si caratterizza il “vero barese”? Noi abbiamo provato a fare una lista di cinque tratti (positivi) che riteniamo siano comuni a molta parte dei cittadini di Bari: giovani e vecchi, ricchi e poveri, acculturati e ignoranti. Tratti che forse neanche noi baresi ci accorgiamo di avere, perché fanno parte del nostro dna. Vediamo se siete d’accordo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La voglia di star fuori – Andate sulla costa barese una domenica di luglio e capirete cosa vogliamo dire. Nonostante andare a mare imponga caricarsi di ombrellone, lettino, giochi per i bambini, pinne e maschere e borsa termica, i baresi appena scorgono un po’ di sole vanno via di casa, skafuescn. Che sia il mare, la campagna, o magari mete più lontane (se hanno due euro da parte i baresi viaggiano), il mondo è visto come un posto da scoprire, a volte da “occupare”. Se i napoletani hanno l’appocundria, quell’apatia che ha il sapore dell’indolenza e dell’impotenza, ai baresi non verrà mai in mente di rimanere da soli in casa a pensare e rimuginare su sé stessi: di sicuro se hanno problemi andranno a farsi una camminata. Il barese è positivo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’amore per un certo tipo di cucina – Vogliamo parlare di “cose da mangiare” in maniera seria? Bene, Bari è la città italiana in cui forse si mangia meglio. Dove si unisce il sapore alla corretta alimentazione. I nostri nonni ci avevano addirittura insegnato la dieta dissociata (il lunedì il brodo, il martedì la pasta, il mercoledì i legumi...). Se in altre parte d’Italia i piatti assumono sempre un non so che di “molto carico e pesante”, dai tortellini emiliani, alla “cassola” milanese, dal fritto alla romana, al cassata siciliana, i piatti baresi si caratterizzano per la semplicità e per la varietà (vedi i mille antipasti). Il crudo di mare (altro che sushi) o comunque il pesce mangiato così come l’ha fatto mamma (fresco e poco condito), fave e cicorie, le orecchiette alle cime di rape, la focaccia, giusto per fare qualche esempio classico. Si parla tanto di nouvelle cousine, ma a Bari è da sempre che si uniscono prodotti di mare con prodotti di terra. Un esempio su tutti: patate, riso e cozze. Insomma se nel resto d’Italia sono la pasta e i dolci a farla da padrone, a Bari vincono verdure e pesce. Da intenditori della buona tavola e della sana alimentazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il comunicare attraverso frasi idiomatiche – Il linguaggio barese si caratterizza per un grandissimo uso di frasi idiomatiche, che poi spesso vengono riportate nel linguaggio di tutti i giorni, anche traducendole in italiano. Ne deriva un linguaggio essenziale e se vogliamo “universale”, dove con un frase (spesso ironica) esprime un intero mondo. A mis u quadre mmenze a la chiazz, Ammìin’t che l’acque ie vasce, Iè nu shkàff a Crist, Iapr’ l’ecchie che ad achiute non ge vole nudd’….Chi non ha mai pronunciato almeno una volta una frase come questa? E come sarebbe difficile farsi intendere in così breve tempo utilizzando costruzioni verbali complesse? La “parlata” barese è semplice ma allo stesso tempo creativa. E poi provate a tradurre in italiano una parola come priscio…
La comicità innata – E da qui deriva la comicità insita nel linguaggio barese. Per anni i baresi hanno sofferto quando qualcuno gli diceva “ah, ma tu sei di Beri”, riferendosi a Lino Banfi, che da canosino (ben 80 km dal capoluogo pugliese), aveva fatto credere a un’intera nazione che noi parliamo così, ad esempio pronunciando la “e” al posto della “a”. Per fortuna ora è arrivato Checco Zalone, che sta dando un’immagine che seppur edulcorata, si avvicina molto a quello che è il modo di essere simpatici a Bari. Perché il linguaggio barese è comico. Costruito come detto su ironiche frasi idiomatiche, ma anche sulla capacità di inserire in un discorso incredibili “battute”. Non siamo un popolo di barzellettieri, non siamo un popolo di narratori, né di teatranti, ma ogni barese ha in sé il gusto della battuta, veloce, rapida e spesso anche un po’ cattiva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ospitalità verso tutti – “A Bari nessuno è straniero”, dice il detto. Ed è vero. Bari, città di porto, abituata ad avere scambi commerciali con tutti i popoli, si sta dimostando anche in questi anni di globalizzazione e multiculturalismo, aperta e soprattutto non razzista. A Bari lavora e vive gente di qualsiasi colore, ma a differenza di tante altre città italiane, episodi di razzismo non se ne sono mai verificati. Neanche allo stadio, che invece nel resto d’Italia si caratterizza per essere spesso teatro di intolleranza. E’ facile vedere “vu cumprà” che parlano in dialetto barese tra le risate di coloro che prendono il sole sulla costa e che magari offrono al lavoratore di colore un pezzo di focaccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questa è la Baresità, questo è ciò che il popolo barese deve ostentare e portare nel mondo con orgoglio. Altro che Peroni alla canna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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I commenti
- Alesio Francesco Di Bello - ormai vivo da 35 anni nell'hinterland barese, sentirsi vivo quando ritorno per commissioni e svago ,capace di ritrovare sprazzi di sole che rendono alla fine tutti uguali accummunati nello stesso spazio tra le varie estrazioni sociali ove le differenze non rendono meno vivo il sentimento.anzi chi nega il vernacolo poi ritrova in esso la vera anima pulsante e viva di una sensazione che solo lontano riscopri mentre chi vive in città ma non ne coglie tra le rifrazioni delle tante realtà negherebbe altresi di essere barese.
- Vito Petino - C'è anche una brevità aulica ... STORIJ D PIRAMD, MAMM, SFLATA MILITAR, POLIZÌ E LA MALAFEMMN ... M’arrcordch d na dì d giugn du millnovcind e quarandanov nu fatt che captò a mamm mendr ng prtò a vdè la sflata militar. - Frangh, tu ci’ada fa. Vin ch mme a prtà l pccninn alla sflat? - No, Ros. Stoggh a frnesc nu quadr che doman ngià prtà o ng-gnir dlla ferrovì. Ngiù so promess, e non vogghij fa brutta fgur vnenn men alla parol. M serv p la carrir e nu doman che l uaggnun fascn grann, non z sap ma’. - Meh, alla mamm, alzadv e vstidv che stamatin v portch a vdè la sflat o lungomar. Ma ama fa subbt, s’no l prim post s l pigghijn l’ald chiù grann e vu’ non vdit nudd da dret a cchidd. - E Babbo viene? - No. Deve finire il quadro all’ingegnere. Rmanibb nu picch delus. Quann stev papà m s-ndev chiù s-cur. Scnemm da cas, e man a man ch mamm, ij e Lill arrvamm nnanz alla Piramd senza cap, drmbett all giardin du Barion a lungomar. Già stevn assà crstian. Mamm, nu’ picch spngenn nu picch c-rcann p favor, ng prtò attaccat all cavallitt d legn, fatt d lgnam psand tngiut d grigg, che da nu lat e u’ald p tutt u lungomar, do Margherit sin all’Albergh dll Nazzion, mpdevn alla ggend d metts mmenz alla strat. - Per piacere, mi fate mettere con i bambini vicino alle transenne, altrimenti non vedono niente. Qualchedun s scanzò, tand facern l surd, qualche iald facì u fastdius. Ma po’ acchiamndann megghij a mamm, dvndò subbt gendil. - Facit passà la sgnor ca sta ngind. Mamm stev a sett mis. Ad’agust avern finalmend la figghija femmn. Comunguw, ben o mal ng facì salì ch l pit sop alla prima strisc dll cavallitt, e l vrazz appnnut alla balaustr dll stess cavallitt d legn. Iedd s mttì mmenz avrazzannc, Lill a ddest e ij a snist. Da nu lat e u’ald dlla strat stev na fil d polizziott ch l’ecchij apirt angor qualche vastas zzmbav p scì mmenz alla strat. U polizziot ca stev nnanz a nu facev nnanz e rret na dcin d medr da na vann e n’anda dcin dall’ald. Ogni vold ca passav dananz all crstian dall’alda vann dll cavallitt, ch l man facev segn d speng. - Indietro, signori, indietro per favore. Non spingete, se no la transenna può ribaltarsi. E mendr dcev acchsì, passann dananz all mascuw la man iev cort, quann’arrvav nnanz all femmn s’allungav. Mamm condnuav a tnerg ch l vrazz, ma ij sndibb ca s stev a nervosì. - Vitin, ascnnit nderr nu mnut. Dang la man a Lill e non u si lassann. Accom u polizziot s’avvcnav arret, ch la man facev semb ijrr e ijorr tra mascuw e femmn. Appen arrvò nnanz a nnu, prond semb a llungà la man, mamm ch la snist ng bloccò u vrazz e ch la dest ngi’ammnò nu rdduin alla mmers, che ng facì volà u cappidd. - Brutt lurd ca non zi iald. L man la da’ tenè o post. Si capit. E iun e du’ e tre, ma mo’ avast. Chiam u comandand tu’ e t fazz vdè c t fazz passà. - Iav rascion la sgnor, pur passann da dò facev u stess. A ccudd pund s-ccdì u macidd. Ma nsciun s mvì do probrij post quann vdern u polizziot senza cappidd zzmbà da sop all cavallitt, chiamann l du’ collegh ca stevn a desc medr a sinist e desta so. Po’ facì nzgnal all’ald drmbett d mett n’aldun addò stev ijdd. Raccold u cappidd da nderr ngiù dettr o chmbagn che u’avev prdut, e pur l du’ collegh zzmborn. U cudd che avev avut u bfftton da mamm a iun dcì d scì a chiamà u commissarij e na camionett, e cu uald nvtò mamm ch nnu appriss a seguill. Attravrsamm d sguing u giardin dlla Piramd, mamm ch nnu man a man e dret l du’ polizziott. Ij non accapscev c stev a scced, ma pnzabb che c stev papà frnev mal p cchidd e du’. Iosc capisc-ch ca sarebb frnut cchiù mmal p papà. Ng facern trasì ijnd o prton du Palazz Dioguard. - Signora, voi avete commesso reato di violenza e resistenza alla forza pubblica e violazione delle norme di pubblica manifestazione e quiete pubblica. - E tu si sporcat l reghl du Signor, che t’ava maldisc. Approfitt che si polizziot p mbrattà la divis. Dret a nnu e all polizziott s n vnì pur nu sgnor, che probrij tand s’affacciò ijnd o prton. - Che desiderate. Abitate qui? Se abitate qui salite pure. Stiamo procedendo a un atto di polizia, e per non creare disturbo all’aperto ci siamo rifugiati nel portone. Se invece non abitate, siete pregato di allontanarvi. - Guardate che io vi sto seguendo dal momento in cui la signora ti ha dato lo schiaffo, che ti sei meritato. Ho visto tutto e voglio che venga verbalizza la mia testimonianza. - Sentite, se non vi allontanate immediatamente, appena arriva la camionetta, faccio arrestare pure voi. Intanto datemi le vostre generalità e i documenti per la conferma. - Questi sono i documenti. Io sono l’avvocato Ricciardielli. Abito in via Di Crollalanza 3 nel palazzo dell’Incis. A cchidd parol la divis du polizziot s’allargò d du’ nummr e ng scev larga largh. Parev che ijdd s’ev arrgnat ijnd. - Ma, avvocato, avete visto che ha fatto la signora. - Ho visto soprattutto quello che tu a più riprese hai fatto alla signora e alle altre signore presenti alla sfilata, delle quali mi sono già procurato gli estremi anagrafici. E sei stato fortunato di aver trovato in quella zona solo donne con bambini, ché se vi fosse stato un solo marito, altro che schiaffo. A cchidd parol u uald polizziot pgghiò l distanz do collegh. - Va bene avvocato, soprassediamo in attesa del commis … Ah eccolo che è arrivato. Trasì ijnd o prton nu sort d’ommn giovn e scattand nzim o polizziot ca iev sciut a chiamauw, e n’alde tre d rinforz, du’ trasern pur lor ijnd o prton, u uald rmanì alla guit dlla camionett. Mamm indand s iev assdut iijnd a n’anghl du prton a na segg, che qualchedun dlla fodd che s’ev adnat daffor ngi’avev procurat da nu barr da nnanz. - Buongiorno a tutti. Oh, avvocato Ricciardielli carissimo, che ci fa qua. - Buona giornata a lei, esimio Commissario. Fortunatamente ero a seguire la sfilata e ho assistito all’increscioso episodio causato dal suo sottoposto. - Come, come? Capestrano che altro mi hai combinato! A chedd’alda mazzat a Capestran, u polizziot du sc-caff, ng scì largh pur u cappidd e atturn atturn l tanda capidd che assevn for s’evn arrzzat d cchiù. C stev u cinm, chess iev la scen ca s criò. O cendr du prton l’avvocat cu commissarij, ijnd o u’anghl vcin all scal mamm sdut alla segg ch nnu appriss, e all’anghl du prton dret alla menz’anda snist stev annaschnnut Capestran, che acchmnzò a sdà fridd. Assì u fazzuet, s lvò u cappidd e s’asscuò la cap. E probrij a ccudd momend tutt accapscemm che a Capestran ngi’avev fatt dlor chiù la cadut du cappidd da n gap che u bfftton alla mers che ngi’avev dat mamm. Ch tutt chidd capidd ggnor sparat accom a l’aureol dll Sand e mmenz la cap senza nu pil, parev probrij comm a la lun quand spund da nu lach d nott, o cendr luminos e atturn atturn tutt scur. Picch mangò che sc-cattorn a rrit tutt quann. - Commissario, questi i fatti. Consiglierei di chiudere la faccenda in questo portone senza scartoffie. - Sono d’accordo, avvocato. Purtroppo non è la prima volta che ci segnalano di questa, chiamiamola, “mania” del Capestrano. Se dovessi mandare avanti la faccenda, con tutti i particolari che lei mi ha raccontato, lo rovinerei. Ha famiglia e fra pochi anni va in pensione, mi dispiacerebbe dal lato umano. Ma se si ripete … Appena in ufficio gli faccio una lavata di capo … E a cuss pund sc-cattorn a ritt tutt’e du’, e l’ald crstian combres l collegh d Capstran, vdenn a cchid e du’ rit, no n ptern cchiù e sc-cattorn a rrit tutt quand. Parev probrij iun d chidd battut che acchijdevn l commedij a tiadr. U commissarij vlev offrì qualche cos da bev a mamm, che rfiutò. Ng n scemm a ccas senz che vdemm nudd dlla sflat. - Mi raccomando a mamma, non dite niente a Babbo. Lo sapete che subito s’arrabbia. E se va a prendere quel signore col cappello, possono arrestarlo. E fin a quann arrvamm a ccas ng rptì almen vind vold l stess parol. Ma ij nonn’accapscev probrij c vlev disc. N’alda storij che captò a mamm fu, chessa vold, p nu fatt d femmn. Mamm iev g-los assà d papà. L’ald femmn no nu avevn mangh acchiamndà, che s l mangiav accom a na pander. Nu pomerigg stavam sop o balcon d cas a spttà papà che vnev dalla fatich. Mamm tnev l’ecchij o spun d vì Manuele Mol da do’ spndav papà ogni dì alle cingh e mmenz, quand smondav da Bbar Garag, l’officin dlla stazzion dlla Suddest che stev a via Oberdann. E mendr pur nu stavam a chiamndà cudd spund, vdemm abbasc mamm che attravrsav la strat. Nsciun d nu s n’avev mangh avvrtut ca d’appriss a nu iev sparsciut, e com a nu fulmn s’acchiav a travrsà la strat fscenn. Vcin all’ingress dlla Latterì d don Ciccill Bellom stevn nu picch d crstian. Arrvat dà, nu do balcon du prim pian, vdemm mamm scì mmenz a chedda gend e trà p capidd na sgnura ross fin a falla sbatt nderr. E semb ch l capidd strngiut fort ch na man, ch l’ald ng dev rdduin a drett e alla mmers. C non nz mttevn mmenz l mascuw p lvarangill dall man l’avess chmbnat a nn’or d nott. Comunquw, facì a ttimb a cvddarla sana san. - Signora Rosa, stadv calm, acchsì l’accdit a cchedda povredd. C’è s-cciss. - Ah, signor Bellom, non v sit avvrtut che sta malafemmn ven ogni dì a chess’or a fa u mstir su do nnanz. - No signor, nonn’è clienda me, la so vist nu par d vold passeggià nnanz alla Latterì. Ma no ng so mangh pnzat. Cu va e vin che sta sop a sta vì. - Nu la sim vist da na s-man a sta vann ogni dì aspttà u marit dlla signora Rosa che vnev dalla fatich. Appen u vdev arrvà, p non fars’avvdè, ng scev ingondr sop a vì Manuele Mol e c-rcav d fauw affrmà. Ma u signor Frangh la mnduav e la cacciav, dcennc d non fars’avvdè cchiù, s no chiamav la polizzij. Allor nu stamatin ngiù sim ditt alla signora Rosa. Iedd apprim non già crdut. E nu ng sim ditt d metts sop o balcon all’ora giust. E finalmend l’ha mmis o post. Dcern tre o quatt sgnor che avevn vist tutt la storij d chedda ross trottat p tutt la settman. Da chedda dì, la malafemmn no nz vdì cchiù …
- Giuseppe C. - Mi sembra che molti sono i luoghi comuni su questo argomento, soratutto quello sull'ospitalità che semmai, la vedrei più presente a Brindisi o nel salento. Difficile una visione condivisa forse meglio chiedersi come ci vedono gli altri. Qualche esempio può essere preso nella definizione di alcuni vocaboli come levantino: https://www.treccani.it/vocabolario/levantino/ https://www.thefreedictionary.com/Levantine