di Annarita Correra - foto Antonio Caradonna

Bari, tra Madonnella e Japigia: lì dove i treni "entrano" nelle case
BARI - “Se si abita vicino a una stazione questo cambia completamente la vita. Si ha l’impressione di essere di passaggio. Niente è definitivo. Un giorno o l’altro, si sale su un treno”. Sono le parole dello scrittore francese Patrick Modiano, che ha descritto nel romanzo "Bijou" la condizione di chi vive a pochi passi da una ferrovia. La visione poetica del premio Nobel non tiene conto però del disagio di avere a che fare tutti i giorni con i rumori assordanti dei convogli che sfrecciano sotto casa. (Vedi video)

È il caso di quegli edifici posizionati tra la fine del quartiere Madonnella e l’inizio del rione Japigia di Bari: si affacciano letteralmente sui binari, costringendo i residenti ad avere davanti agli occhi e soprattutto nelle orecchie centinaia di treni che transitano ininterrottamente dalla mattina alla sera. (Vedi foto galleria)

Sorgono precisamente tra la fine di corso Sonnino e un po’ più a sud, all’inizio di viale Japigia, area un tempo caratterizzata anche da un fastidioso passaggio a livello ormai chiuso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro viaggio parte proprio da corso Sonnino, principale arteria del rione Madonnella, poco prima che cambi nome in viale Imperatore Traiano. Qui diversi palazzi si ergono a un tiro di schioppo dalle rotaie: a dividerli da esse c'è un muro alto due metri che evita a chi occupa il primo piano di vedere l'incessante viavai di mezzi, senza però limitarne il trambusto. Stretto tra i condomini spunta qualche vicolo cieco che termina con un’alta cancellata, lasciando intravedere la ferrovia: ne scorgiamo uno all’altezza di via Matteotti, tra uno stabile giallo e grigio e un piccolo parcheggio privato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci muoviamo verso la periferia e dopo qualche decina di metri il caseggiato lascia spazio a un largo marciapiede: lo percorriamo fin quando troviamo sulla nostra destra l'ingresso della piccola stazione Marconi. Varchiamo l'entrata e camminando sulla banchina arriviamo sotto il ponte Garibaldi, superato il quale possiamo osservare da una posizione privilegiata i grandi palazzoni di viale Japigia, le cui facciate appaiono annerite dalle polveri sollevate dai treni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nicola, un 60enne di passaggio, ci indica l’edificio in cui abita, dall'altra parte dei binari. «Vivo lì da un paio d'anni - racconta il signore - e i primi giorni non riuscivo a dormire per il chiasso. Poi ho iniziato a farci l’abitudine e devo dire che ora è persino piacevole osservare dalla finestra i convogli che vanno e vengono».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E su un balcone al primo piano di un palazzo giallo ocra scorgiamo un anziano intento a leggere. Sembra non essere disturbato dal fischio della locomotiva che si allontana. «Abbiamo imparato a convivere con il rumore dei treni», ci urla dal suo balcone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A questo punto imbocchiamo un sottopassaggio che ci permette di sbucare sulla banchina opposta, quella di via Oberdan. Di fronte a noi ora ci sono gli edifici color pastello di Madonnella, imbrattati da alcune scritte: solo il sole del tramonto, illuminandoli con gli ultimi raggi di giornata, riesce a renderli un minimo "romantici". Da qui riusciamo ad “ammirare” anche il retro della caserma abbandonata dell’Aeronautica, proprio mentre un treno la lambisce smuovendo l'unica nota di verde del panorama: le piante spontanee che crescono accanto alle rotaie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Usciamo quindi dalla stazione e scarpiniamo verso sud. Passando sotto il ponte Garibaldi via Oberdan diventa viale Japigia: incontriamo così i palazzi scrutati prima dall'altra parte della linea ferroviaria. Sulla sinistra si aprono una serie di traverse che "muoiono" contro la recinzione dei binari, con l’eccezione di via Messapia da cui parte un ponticello pedonale che riporta nel quartiere Madonnella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Saliamo velocemente gli scalini ripidi del cavalcavia. Quassù è la posizione ideale per capire quanto balconi e lenzuola appese siano vicini a quella selva di fili elettrici posti sotto di noi. Proprio in quel momento un altro treno "accarezza" gli immobili circostanti, prima di riprendere la sua corsa verso la stazione di Bari Centrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure nonostante il cattivo odore, il rumore e l’evidente confusione, il “panorama” conserva un suo fascino “underground”, tra graffiti, treni che passano, ponti e un groviglio di tralicci che vanno quasi a catturare i palazzi circostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Scendiamo, per rimanere però sempre in via Messapia, dove abbiamo appuntamento con la signora Maddalena, che ci permette di salire nel suo appartamento, il cui balcone al primo piano affaccia sui binari. La donna ci spiega quanto per lei sia difficoltoso stendere i panni. «La polvere sollevata dai treni – afferma - sporca continuamente il balcone e gli abiti appesi alle mollette. Per questo ogni volta sono costretta a rilavarli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci sporgiamo e notiamo i vari terrazzini che "vivono" sui binari. Su alcuni sono presenti anche tavolini e sedie: c’è quindi chi riesce a rilassarsi nonostante il frastuono che arriva da giù.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La signora ci conduce nell'appartamento di Angelina, la sua vicina di casa, che per colpa del rumore insostenibile ha perso persino l'udito. E in effetti dalla sua finestra sembra quasi di scorgere i passeggeri all’interno di quei vagoni che sfiorano letteralmente la sua camera. «A volte la situazione è estenuante - chiosa Maddalena - ma queste sono le nostre case: non ci resta che sopportare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Salutiamo le due donne per salire ora al terzo piano, dove un giovane ci permette di scattare qualche fotografia dal suo balcone. Si chiama Antonio e dice che vorrebbe tanto andare via di qua. Magari saltando su uno di quei treni che ogni giorno, ad ogni ora, è costretto a far "entrare" in casa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita alle case sui binari:



© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Il nostro viaggio parte da corso Sonnino, principale arteria del rione Madonnella: qui diversi palazzi si ergono a un tiro di schioppo dalle rotaie
Stretto tra i condomini spunta qualche vicolo cieco che termina con un’alta cancellata, lasciando intravedere la ferrovia
Ne scorgiamo uno all’altezza di via Matteotti, tra un alto stabile giallo e grigio e un piccolo parcheggio privato
Ci muoviamo verso la periferia e dopo qualche decina di metri il caseggiato lascia a spazio a un largo marciapiede: lo percorriamo fin quasi al ponte Garibaldi, trovando alla nostra destra l'ingresso della piccola stazione Marconi
Varchiamo l'entrata e camminando sulla banchina arriviamo sotto il ponte Garibaldi...
superato il quale possiamo osservare da una posizione privilegiata i grandi palazzoni di viale Japigia, le cui facciate appaiono annerite dalle polveri sollevate dai treni
E su un balcone al primo piano di un palazzo giallo ocra scorgiamo un anziano intento a leggere. Sembra non essere disturbato dal fischio della locomotiva che si allontana. «Abbiamo imparato a convivere con il rumore dei treni», ci urla dal suo balcone
A questo punto imbocchiamo un sottopassaggio che ci permette di sbucare sulla banchina opposta, quella di via Oberdan. Di fronte a noi ora ci sono gli edifici color pastello di Madonnella, imbrattati da alcune scritte...
...solo il sole del tramonto, illuminandoli con gli ultimi raggi di giornata, riesce a renderli un minimo "romantici"
Da qui riusciamo ad “ammirare” anche il retro della caserma abbandonata dell’Aeronautica, proprio mentre un treno la lambisce smuovendo l'unica nota di verde del panorama: le piante spontanee che crescono accanto alle rotaie
Usciamo quindi dalla stazione e scarpiniamo verso sud: passando sotto il ponte Garibaldi via Oberdan diventa viale Japigia: incontriamo così i palazzi scrutati prima dall'altra parte della linea ferroviaria
Sulla sinistra si aprono una serie di traverse che "muoiono" contro la recinzione dei binari, con l’eccezione di via Messapia da cui parte un ponticello pedonale che riporta nel quartiere Madonnella
Saliamo velocemente gli scalini ripidi del cavalcavia. Quassù è la posizione ideale per capire quanto balconi e lenzuola appese siano vicini a quella selva di tralicci e fili posti sotto di noi
Proprio in quel momento un altro treno "accarezza" gli immobili circostanti, prima di riprendere la sua corsa verso la stazione di Bari Centrale
Scendiamo, per rimanere però sempre in via Messapia, dove abbiamo appuntamento con la signora Maddalena, che ci permette di salire nel suo appartamento, il cui balcone al primo piano affaccia sui binari. La donna ci spiega quanto per lei sia difficoltoso stendere i panni
Ci affacciamo e notiamo i vari balconi che affacciano sui binari. Su alcuni terrazzini sono presenti anche tavolini e sedie: c’è quindi chi riesce a rilassarsi nonostante il frastuono che arriva da giù
Maddalena ci conduce nell'appartamento di Angelina, la sua vicina di casa, che per colpa del rumore insostenibile ha perso persino l'udito. E in effetti dalla sua finestra sembra quasi di scorgere i passeggeri all’interno di quei vagoni che sfiorano letteralmente la sua camera
Salutiamo le due donne per salire ora al terzo piano, dove un giovane ci permette di scattare qualche fotografia dal suo balcone
Si chiama Antonio e ci dice che vorrebbe tanto andare via di qua. Magari saltando su uno di quei treni che ogni giorno, ad ogni ora, è costretto a veder passare



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