La ''cittadella'' del Campus: lì dove tra verde e musei non sembra di essere a Bari
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martedì 14 novembre 2017
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di Angela Pacucci
Perché studiare al Campus non è come frequentare l’Ateneo o le facoltà di Scienze Politiche, Lingue o Giurisprudenza: qui non si è immersi nel traffico del centro, non si deve combattere con assenza di spazi e non si è costretti a seguire le lezioni in aule claustrofobiche. Tutto è pensato a misura di universitario, anche grazie a numerose biblioteche che in alcuni casi chiudono addirittura a mezzanotte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma il Campus (nonostante alcuni problemi legati ai rifiuti) è anche una risorsa per tutti i baresi, visto che accoglie al suo interno numerosi musei e spesso apre i suoi cancelli per eventi, concerti e “notti bianche”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a visitare l’area, lì dove si trovano gli edifici dei dipartimenti di Agraria, Botanica, Fisica, Chimica, Geomineralogia, Biologia, Matematica, Scienze della Terra, Geologia e Geofisica. Ad essi, a partire dal 1967, si sono poi aggiunti quelli del Politecnico, dove si forgiano futuri ingegneri, architetti e disegnatori industriali. (Vedi foto galleria)
Il Campus è compreso tra via Celso Ulpiani, stradina che costeggia dimore ottocentesche e il roseto di villa Larocca, la lunga via Amendola (altra arteria colma di eleganti residenze in stile liberty), via Re David, sulla quale si affacciano scuole ubicate in antiche industrie come l'ex fabbrica Murari e via Orabona, cuore della "zona di San Marcello".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proprio quest'ultima strada ospita l'ingresso principale, una cancellata verde dietro la quale è ben visibile l'intitolazione a Ernesto Quagliarella, rettore dell'università cittadina dal 1970 al 1977.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varchiamo l'accesso e ci ritroviamo subito dinanzi alla moderna struttura che ospita i dipartimenti di Ingegneria, progettata da Lorenzo Netti. Sviluppata su due piani, fonde armoniosamente elementi in legno, marmo e ferro. La facciata più caratteristica è indubbiamente quella rivestita da doghe lignee orizzontali: sotto di esse si apre un porticato attraverso il quale giungiamo nel grande atrio dell'immobile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta di uno spazio rettangolare coperto da una maglia di vetro e metallo, luogo di ricordi piacevoli per i giovani. È qui infatti che di solito si festeggiano le lauree, ci si incontra per un caffè al bar e la sera spesso vengono tenuti concerti e spettacoli vari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Attorno sono ben visibili i corridoi dei livelli superiori, ai quali accediamo salendo una rampa dove alcuni ragazzi discutono animatamente. Lungo tutto il perimetro scorgiamo le aule impiegate per le lezioni: ne intravediamo una con l’inedita disposizione di banchi a tribuna, tipica dei campus americani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Scendiamo di nuovo nell'atrio e usciamo dalla parte opposta passando sotto un altro porticato. Tra le colonne sono disseminate alcune sculture di artisti contemporanei: ammiriamo per esempio la capanna di bronzo stilizzata di Alfio Castelli, la mezzaluna di solidi simili agli ingranaggi di un orologio realizzata da Umberto Mastroianni e il foglio curvo di bronzo scolpito da Giò Pomodoro. C'è anche un reperto affascinate: è il T-6 Texan, aereo usato per addestrare i piloti statunitensi durante la Seconda guerra mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sbuchiamo così davanti al palazzo di Architettura, il più recente di tutti dato che è stato completato nel 2009. L'aspetto è abbastanza austero, con quei quattro piani grigi scanditi da vistosi cornicioni e lunghe file di finestroni che lasciano poco spazio alla fantasia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sulla destra però si aprono le prime aree verdi accarezzate dal sole, decisamente più piacevoli alla vista. Tra panchine e alberi rigogliosi diversi giovani si godono l'ultimo calore autunnale. «Questo è l'ambiente ideale per fare una pausa tra una lezione e l'altra - ci dice Ilaria, una delle studentesse che spesso si ferma qui -. Sei all'aria aperta, parli con i tuoi amici e spesso capita di conoscere nuove persone».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In tutto il Campus è un tutto susseguirsi di giardini e vialetti: il silenzio è interrotto solo dalle risate dei ragazzi che si rilassano e dal cinguettio degli uccelli che si inseguono da un ramo all'altro. «Riposarsi qui è il massimo - spiega l'universitario Gianmaria -. Ci vengo sempre con i miei compagni di corso: praticamente siamo come una famiglia». «È il posto più indicato per ripassare e sistemare gli appunti presi in aula», affermano invece due ragazze adagiate su una panchina celeste.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le tante piante che vediamo circondano il museo di scienze della terra, laddove è custodita la Balenoptera, il fossile del più grande animale barese mai ritrovato. Si tratta uno dei cinque spazi espositivi sparsi per il complesso: gli altri sono il museo di zoologia, quello degli strumenti di fisica, il percorso museale all'aperto che si occupa di clima e sismologia e il grazioso orto botanico. Quest'ultimo raccoglie duemila diversi esemplari di vegetali suddivisi tra un boschetto, uno stagno e una roccaglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ora davanti al dipartimento di Agraria, la zona più antica: da queste parti infatti i primi esami sono stati dati a partire dall'anno accademico 1952-1953. La struttura ha una curiosa forma a U con la facciata principale formata da quadranti bianchi e ai lati delle pareti color rosso pastello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sul retro dell'edificio balzano all'occhio gli orticelli e le serre coltivati dagli studenti, mentre a ridosso del muro di cinta sbuca una costruzione inaspettata: contraddistinta da un frontone, sembra essere proprio una chiesetta abbandonata. E’ utilizzata come deposito per gli attrezzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che scarpinare verso l'uscita di via Amendola, oltrepassando il grande architrave bianco che segna il confine del Campus e sul quale campeggia la scritta latina Ad rei rusticae studia fovenda promovendaque ("Sugli studi rustici da promuovere e alimentare). Siamo così ritornati nel bel mezzo del frastuono delle macchine e dei loro clacson. Il nostro viaggio termina qui: per qualche ora ci è sembrato di non essere a Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Angela Pacucci
Angela Pacucci
I commenti
- Pietro Ubbriaco - Gent.ma dott.ssa A. Pacucci il suo articolo si basa su un primo esame semplice delle strutture dipartimentali senza indagare (certamente in buona fede) le reali condizioni di salubrità degli ambienti di studio universitario e di lavoro dei dipendenti. Nella veste di docente-ricercatore universitario (e quindi di pubblico ufficiale) le posso dire che l'ambito Campus universitario Bari non è idoneo alla sosta dei vari utenti, l'inquinamento dell'aria (presenza intensa di particolato stazionario) è tale da agire in modo deleterio sulla salute di migliaia di persone è sui materiali (numerosi crolli di solai e controsoffittature). L'incidenza della malattia tumorale nel personale è marcata ed evidente. Purtroppo continuo da solo a reclamare l'insalubrita del luogo da 7 anni (ho deciso di fare il ricercatore e non il carrierista), i giornalisti Baresi devono essere più coraggiosi e liberi.